Sarebbe generosamente assolutorio addossare la seconda debacle interna stagionale all’inferiorità numerica, maturata quando restavano da giocare ancora più di due terzi di gara. La sconfitta contro la Gelbison rappresenta invece la cristallizzazione di grossi limiti di organizzazione difensiva, che vanno ben oltre le gravi ingenuità del giovanissimo Centonze.
Troppi affanni e tremori sulle incursioni offensive di un avversario, che benché ampiamente collaudato e dotato di discrete individualità, resta comunque destinato ad un campionato di metà classifica. Limiti e carenze riemerse di prepotenza dopo ben tre gare a porta inviolata. Eppure quell’avvio di gara pimpante e gradevole, quella reazione così carica di rabbia e di orgoglio al pareggio ospite e alla repentina inferiorità numerica avevano alimentato sogni e illusioni inconfessabili.
Le giocate irresistibili di Prinari a far da prologo alle due segnature, la freddezza di Kyeremateng dal dischetto, il pregevole pallonetto vincente di Cordella. Tutto molto bello, ma il Nardò entusiasma solo per un tempo. La ripresa è di pene e dolori. Cammarota comincia a demolire i sogni granata, Evacuo spedisce all’inferno un Nardò senza più attaccanti e sempre più rannicchiato su sé stesso, nonostante il vano tentativo di Taurino di blindare almeno il pareggio con una sarabanda di sostituzioni.
In casa il Nardò continua a deludere le aspettative della sua gente, ma domenica prossima si gioca in trasferta. Il Picerno resta una grande del campionato nonostante le ultime due sconfitte. Che il Nardò, come lo scorso campionato, riesca a trasformarsi in grande squadra contro le grandi del torneo?
Michele Climaco
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